Alzheimer, l’emozione del ricordo

Alzheimer, l’emozione del ricordo

“Ricordo bene la prima volta che ti portammo da uno specialista che io e Luigi conoscevamo fin da quando eravamo lupetti. Lui allora era un Akela, il nostro capo Scout.Ti fece una visita accurata, durante la quale non smettesti un attimo di mostrare la tua insofferenza per quelle domande che consideravi inutili. Alla fine consegnò a noi figli il referto: Sospetto Alzheimer. Ovviamente non te lo facemmo vedere, non perché fossimo realmente coscienti della gravità della malattia, ma per non urtare la tua suscettibilità. Allora eravamo ignoranti in materia, la confondevamo con l’arteriosclerosi o con la blanda demenza senile. Nessuno di noi poteva immaginare il calvario che ci aspettava. Un giorno però hai letto quella brutta parola nel referto e, proprio come immaginavamo, hai inveito come una furia contro tutti i medici e noi figli che non capivamo niente”.

L’emozione del racconto dalla viva voce di un figlio che ha vissuto l’esperienza della malattia dell’Alzheimer è raccontata dal noto attore teatrale e televisivo Giulio Scarpati nel bellissimo scritto Ti ricordi la Casa Rossa, edito da Mondadori.

Una storia toccante, anche umoristica in alcuni passaggi, nei quali l’Autore ricorda come proprio i ricordi della sua infanzia siano divenuti il terreno d’incontro nei difficili anni della malattia della madre.

Il racconto si snocciola attraverso ricordi d’infanzia, l’età della formazione professionale e dei primi scontri con la madre, fino al successo raggiunto in tv e a teatro. In questo contesto s’inserisce, improvvisa, inattesa ed acuta l’esperienza della malattia. Nel suo racconto Scarpati ripercorre passo dopo passo gli sforzi fatti per trattenere a sè la madre, i suoi ricordi, la sua memoria. Fino a quando non restano che il dialogo e il ricordo personale, fatto di lunghi silenzi, sguardi e parole che si spera aiutino a creare un legame con l’altro che lentamente si stacca dalla vita. La cornice della storia è il grande amore per la madre, la gratitudine per quanto ha saputo donare, la dignità con la quale affronta la malattia. Esperienze uniche, ricorda l’Autore, umanamente ed emotivamente paragonabili solo alle gioie e alle emozioni delle prime rappresentazioni teatrali.

Come racconta Scarpati, vivendo a fianco di una persona cara affetta dalla malattia “devi spostare la comunicazione, dal piano della parola a quello dell’affettività. E un sorriso ti basta, anche un sopracciglio”.

Proprio l’esperienza vissuta ha spinto Scarpati a scrivere questo lungo dialogo a distanza con la madre, infarcito di ricordi e luoghi, nel tentativo di portare non solo il suo spirito a trovare un senso a quanto avvenuto, ma anche per aiutare le molte persone che si affacciano a questa esperienza senza averne alcuna preparazione.

L’eccezionalità della malattia – afferma l’Autore – risiede nel fatto che colpisce la memoria, e con essa disattiva tutti i punti di contatto che una persona anziana mantiene con il suo mondo e con gli altri.

“Ho imparato a ricordare da lei che dimentica, ma anche quanto è importante comunicare, non essere rigidi. Mi sono anche reso conto di quanto i valori dei ricordi cambino a seconda del significato che ognuno di noi attribuisce loro. Ho scritto questo libro per tutte le persone che si trovano a vivere situazioni simili, io ho avuto la fortuna di avere una famiglia numerosa accanto, ma c’è tanta gente che vive questi drammi in totale solitudine. Mi piacerebbe poter fare qualcosa, pensare a strutture di auto-sostegno sul modello di quelle che esistono nei paesi nordici”.

Queste le parole dell’Autore in una recente intervista. Un augurio nobile, che occorre proprio non dimenticare.