STAR BENE CON SE STESSI ED ESSERE FELICI CON GLI ALTRI

STAR BENE CON SE STESSI ED ESSERE FELICI CON GLI ALTRI

 

 LA SALUTE E LA SOFFERENZA PSICOLOGICA

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha definito la salute come “uno stato di completo benessere fisico, psichico e sociale”.

Durante le fasi della vita, ognuno di noi cerca di trovare questo stato di equilibrio, di serenità, di buona qualità di vita che non è mai raggiunto in modo definito, ma costantemente rimesso in gioco dalle sfide e dalle difficoltà che ci si presentano.

Ogni fase della vita è caratterizzata da eventi critici cioè da episodi specifici (un esame scolastico, il matrimonio, la nascita di un figlio, il pensionamento, una promozione lavorativa, una malattia) o fenomeni psicosociali (l’adolescenza di un figlio, l’invecchiamento) che costituiscono punti di svolta, di cambiamento e di non ritorno.

Questi eventi ci richiedono di apportare cambiamenti più o meno consistenti nell’immagine di noi stessi e degli altri, nel ruolo sociale o nel comportamento; di attivare nuovi processi mentali e strategie di soluzioni di problemi; di utilizzare in modo diverso o di attivare risorse interne (utilizzare le esperienze passate per trovare una soluzione, sopportare la frustrazione…) ed esterne (famiglia ristretta ed allargata, rete amicale, rete dei servizi in genere).

L’adolescenza dei figli, ad esempio, richiede a genitori e figli di rinegoziare la loro relazione in termini di dipendenza/autonomia al fine di consentire la reciproca separazione; ai genitori di modificare l’immagine del figlio come “piccolo e totalmente dipendente” e di loro stessi come “sempre necessari e a disposizione”; ai figli di sapersi assumere nuove responsabilità personali e sociali. Da queste modificazioni a livello di immagine di sé, dell’altro e dei ruoli reciproci consegue inevitabilmente un cambiamento nel comportamento reciproco.

Davanti agli eventi critici e al cambiamento che questi richiedono, è normale un’iniziale reazione di disorientamento e sperimentare senso di impotenza e di fatica legati all’impossibilità di agire come di consuetudine; vivere emozioni spiacevoli quali rabbia, tristezza e timore se ci troviamo costretti a fare i conti con il nuovo e con le incertezze ad esso collegato.

 

Quando non riusciamo a modificarci ed adattarci alla nuova situazione in tempi brevi e questa riporta alla luce nodi problematici del nostro passato e del nostro inconscio, emergono segnali di sofferenza psicologica più intensi ad esempio umore depresso, tono affettivo piatto, pianto, ansia e attacchi di panico, disturbi psicosomatici, euforia inadeguata e spropositata.

 

Questo fenomeno è diffuso ed, infatti, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) indica che circa 450 milioni di persone attualmente in vita presentano una forma di sofferenza psicologica e che la maggior parte di queste abita nei paesi industrializzati.

Infatti ai sopracitati eventi critici date dalla vita si aggiungono le sfide legate allo sviluppo della società.

Precisamente la maggior complessità della società odierna, data dal progresso tecnologico-scientifico, richiede all’uomo maggiori costi psichici per individuare il proprio posto e ruolo, per adattarsi ai rapidi mutamenti, per orientarsi davanti alle molteplici possibilità ed informazioni.

Non è un caso che i bambini odierni, pur disponendo di un bagaglio di conoscenze più ampio rispetto a quello delle passate generazioni, evidenzino maggiormente comportamenti di disattenzione e noia; scarsa capacità di selezionare ed individuare le strategie migliori per affrontare i compiti didattici ed educativi; difficoltà nel gestire le emozioni, nel vivere le frustrazioni e nell’autocontrollarsi.

E’ inevitabile che con l’aumento della complessità della società, aumenti anche il numero di persone che non riescono o che hanno difficoltà ad adeguarsi e che manifestano dunque segnali di sofferenza psicologica.

 

DAVANTI ALLE SFIDE

 

Con il riconoscimento dei primi segnali di sofferenza psicologica, generalmente il soggetto trova modalità per affrontare o tollerare una situazione critica, facendo emergere energie personali a volte fino a quel momento sconosciute.

Claudio, quasi 50 anni, sposato e con figli, davanti alla diagnosi di leucemia ha vissuto un periodo di sconcerto, di rabbia e ribellione. Poi però ha saputo far emergere una vena umoristica e in occasione dei cicli di chemioterapia si presentava con uno slogan sulla maglietta “Barcollo ma non mollo!”; ciò lo ha preservato da vissuti depressivi.

Oltre a se stessi, una seconda fonte protettiva è legata alle cosiddette risorse esterne, intese come la possibilità di contare almeno su una persona di riferimento e su una rete sociale di aiuto.

Ad esempio Mario e Claudia, genitori di un bambino autistico, nei momenti di sconforto e di sfiducia sono l’uno punto di riferimento e di rifornimento affettivo per l’altro; nei momenti più difficili possono inoltre attingere forza, consigli e “buone prassi” partecipando alle iniziative dell’associazione genitori di bambini autistici.

Aver creato buone relazioni sociali, avere legato con persone con cui confrontarsi e condividere problematiche e stati d’animo può dunque aiutarci a trovare una via d’uscita davanti alle difficoltà e a riacquistare quindi il benessere psico-fisico.

L’AIUTO DELLO PSICOLOGO

In alcuni casi però la sofferenza psicologica, anche in presenza di risorse interne ed esterne, raggiunge livelli di durata ed intensità così elevati da richiedere un aiuto specifico e professionale.

Marco, 7 anni, giunge dallo psicologo perché “a scuola picchia tutti”; i genitori e le insegnanti hanno messo in campo molte strategie per aiutarlo a rapportarsi ai coetanei in modo positivo, ma nessuna si è rivelata efficace. Lo stesso Marco riconosce che gli altri bambini si allontano da lui e ciò lo fa soffrire e sentire diverso.

 

Marta, 10 anni, giunge dallo psicologico per iniziativa dei genitori che non riescono ad aiutarla ad affrontare il mondo scolastico. Ogni mattina Marta vomita e piange perché non vuole andare a scuola; i genitori l’ hanno portata più volte al Pronto soccorso dove gli specialisti concordano su un disagio psicosomatico.

Vanessa, 17 anni, è visibilmente in sovrappeso. La ragazza fatica ad andare a scuola perché si sente sempre stanca ed in affanno; fatica ad uscire con gli amici perché si sente brutta ed inadeguata; fatica a vivere la sua età che dovrebbe essere ricca di incontri e di esperienze. Dopo l’ennesima abbuffata chiede ai genitori di essere portata da uno psicologo “per trovare un po’ di serenità”.

Luca, 25 anni, dopo un’esperienza di lavoro all’estero, torna in Italia e si trova improvvisamente vittima di attacchi di panico. Il suo corpo gli segnala che l’esperienza, fonte di gioia e di gratificazione, è stata contemporaneamente origine di affaticamento fisico e mentale. Luca, sollecitato dalla famiglia, giunge dallo psicologo per dare un significato ai suoi attacchi e per risolvere i suoi sintomi fisici.

Vittorio, sessantenne, da poco pensionato si trova invece in uno stato depressivo: si sente espulso dal mondo produttivo, vive l’aumentato tempo libero come un vuoto, non come un’occasione per intraprendere nuove attività e coltivare interessi. Non riesce a trovare valore in sé e nella vita; passa il suo tempo chiuso in casa e si sente sempre più apatico.

 

Giovanna e Marco, dopo l’uscita di casa dei figli, si trovano a chiedersi il senso del loro stare insieme e a rendersi conto di essere stati per molti anni genitori attenti e disponibili, ma poco coniugi; chiedono una terapia di coppia per riscoprire le basi del loro amore e reinvestire le energie nel loro rapporto.

I genitori di Marco e Marta, Vanessa, Luca, Vittorio, Giovanna e Marco hanno riconosciuto i segnali di disagio che la mente ed il corpo inviano e li hanno considerati campanelli d’allarme che meritano di essere ascoltati.

Hanno compiuto in modo autonomo il primo passo verso la guarigione che li ha condotti a richiedere aiuto ad uno psicologo-psicoterapeuta cioè a colui che ha effettuato un percorso di formazione specifico e specialistico per prendersi cura dell’altro e della sua sofferenza.

Lo psicologo-psicoterapeuta diventa un temporaneo compagno di viaggio che si posiziona accanto al paziente per aiutarlo a dare contenimento o espressione agli stati emotivi; fornire significato al sintomo quale espressione di dinamiche psichiche e di conflittualità interne; mettere in moto funzionamenti mentali adeguati.

Close friends touching hands at home on the couh

Il percorso psicologico è dunque un processo che vede collaborare psicologo e paziente, con ruoli e compiti specifici, per attivare un movimento vitale che permette al paziente di continuare da solo il suo cammino.

dott.ssa Cristina Martegani,

psicologa e psicoterapeuta ad orientamento psicodinamico.

 

 

 

Si rimanda al sito dell’Ordine degli Psicologi della Lombardia www.opl.it sezione cittadini per approfondimenti sul lavoro della psicologo e dello psicoterapeuta

Foto tratte dal web